Chiacchierata con Solipsia

17.06.2021

Qualche giorno fa, in occasione della terza tappa dell'Estemporanea Pirata Itinerante St.ART, abbiamo fatto due chiacchiere con Tsupertramp e McMay che da circa tre anni, insieme ad altri artisti e attivisti, fanno parte del collettivo Solipsia.
Ispirati dalla corrente filosofica del solipsismo [dal lat. mod. solipsismus (Kant), comp. del lat. solus «solo» e ipse «stesso»], ma dal cui atteggiamento passivo si allontanano e vanno oltre, i ragazzi e le ragazze di Solipsia raccontano il loro mondo attraverso l'arte. Un mondo in continuo cambiamento e non esente da critiche che ha sempre il potere o il dovere di plasmarsi e modellarsi secondo il volgere del tempo.
L'eclettismo di Solipsia e la critica nei confronti della società si rispecchiano nella mostra St.ART che finora ha contato tre diverse tappe nel bolognese e la partecipazione libera di svariati artisti e artiste. Al pari di un temporale che ci travolge inaspettatamente, sottraendoci ai nostri pensieri più intimi e alla nostra calma apparente, così gli artisti e le artiste di Solipsia travolgono con le loro mostre improvvisate la quotidianità delle persone. Riempiendo gli spazi pubblici di fotografie, disegni e poesie, il risultato è una sorta di museo a cielo aperto, non mediato dall'etica consumistica e accessibile a tutti e tutte.

Partiamo dall'inizio: quando nasce e in cosa consiste il progetto Solipsia?

Tsupertramp: Solipsia è nato nel 2018, precisamente il 5 novembre 2018, questa è la data che abbiamo scelto come battesimo. Siamo partiti come un'aggregazione spontanea di persone, inizialmente quattro che hanno programmato il sito e redatto il "manifesto" anche se non ci piace chiamarlo così: è più una rivendicazione identitaria, poetica e metafisica. Nel tempo si sono aggiunte altre persone, si è diffusa la voce e siamo arrivati ad una dozzina. Ci appoggiavamo ad uno studio di registrazione, questo ci ha permesso di partire con la radio ed i concerti, allo stesso tempo pubblicavamo sul sito articoli di attualità, ritagli di saggi, poesie personali. Siamo dodici, ognuno fa cose diverse, ognuno propone la sua. Nel nostro essere eclettici abbiamo voluto dare spazio un po' a tutto.

McMay: Attraverso l'arte noi presentiamo la nostra visione del mondo. Ci ha uniti la sfiducia verso le istituzioni e la politica in generale e ci accomunano dei valori umani che dovrebbero essere universali e condivisi da tutti, antirazzismo, antifascismo, femminismo, qualsiasi lotta alle discriminazioni. Secondo noi questi valori non appartengono ad una bandiera specifica. Non siamo né di destra né di sinistra ma dalla parte delle minoranze.


Riuscite a trovare una definizione per Solipsia?

Tsupertramp: Noi ci siamo sempre chiamati collettivo.

McMay: Collettivo artistico, principalmente. Perché i nostri mezzi comunque sono tutti canalizzati verso l'arte. Noi utilizziamo l'arte per comunicare i nostri messaggi, quindi sì, siamo un collettivo artistico.

Tsupertramp: Il termine "collettivo" è anche meno istituzionalizzato se vogliamo, quindi non è un'associazione ma è un'aggregazione spontanea di persone che in quanto tale resta aperta. Cerchiamo di non rendere pesante l'attività del collettivo, dando la possibilità di entrare o di uscire a chiunque voglia farlo. Consideriamo questo il nostro punto di forza perché se una persona conosce la nostra realtà e capisce che può dare qualcosa e che può essere coinvolta, vuol dire che si riconosce nelle nostre idee e in quello che proponiamo.


Come coniugate arte e attivismo politico?

Tsupertramp: Diffondendo le nostre idee e consapevolezze, senza darci una bandiera perché sotto le bandiere si creano divisioni. Spesso le fazioni politiche che parteggiano per la stessa causa finiscono per contendersene la paternità.

McMay: Quando si tratta di tematiche che ci riguardano in quanto esseri umani non c'è bandiera che tenga, dobbiamo unirci per quella causa.

Tsupertramp: Anche perché si rischia di creare dei tabù, delle divinità. Il tutto si riduce ad un discorso ideologico, ai limiti del religioso, quando invece dovremmo parlare di fatti sociali, di cose che accadono nel mondo.


Riconoscete che in qualche modo esistano delle battaglie ideologiche necessarie? Provo a fare un esempio: una battaglia in difesa dei lavoratori è una battaglia naturalmente di sinistra o possiamo invece parlare di una battaglia di civiltà?

McMay: È sicuramente una battaglia di civiltà però è nata in un contesto di sinistra perché storicamente la sinistra è stata la corrente politica che si è avvicinata di più alle manifestazioni e alle proteste e che ha lottato per far sì che certi diritti fossero riconosciuti. La sinistra a livello ideologico si avvicina di più alle battaglie a cui siamo vicini, però allo stesso tempo anche vedendo la sinistra di adesso ti rendi conto che si è anche un po' svuotata della rabbia.


Parliamo di lontananza partitica più che di una lontananza ideologica, è un non riconoscersi nelle realtà che esistono oggi?

McMay: Sì esattamente, neanche nelle ideologie del passato. Il nostro motto è "qui ed ora", noi vediamo il mondo con gli occhi di adesso che non sono ancorati a ideologie vecchie e purtroppo neanche a quelle odierne. Poi è ovvio che comunque critichiamo maggiormente la destra.

La scelta del nome Solipsia si lega alla corrente filosofica del solipsismo? Quali sono le vostre posizioni a riguardo?

McMay: Deriva da quello, si tratta del nostro pensiero soggettivo.

Tsupertramp: Il progetto iniziale di Solipsia era quello di creare un'isola. Un'isola che potesse staccarsi dalla terra ma non dalla realtà, volare nell'aria ma non al di sopra del genere umano, per poter essere al di sopra di ideologie e faziosismi, avere uno sguardo distaccato sulle cose e affrontarle con quell'ottica.


L'atteggiamento distaccato di per sé non comporta una passività rispetto al mondo?

McMay: No, in questo differiamo dal solipsismo: noi non abbiamo un atteggiamento di apatia rispetto al mondo, il nostro è puro attivismo.

Tsupertramp: Non sfociamo nel nichilismo, lo accarezziamo come attrazione filosofica piuttosto che come attuazione pratica delle cose. Nonostante il nostro mondo sia rappresentazione della coscienza individuale è sempre passibile di cambiamento e quindi viene modellato da essa.


Per il solipsismo il singolo non può percepire altro che la propria coscienza individuale, partendo da questo assunto vorrei parlare della vostra attività. Il mondo dovrebbe essere già rappresentazione delle vostre coscienze individuali eppure politicamente rivendicate la libertà di plasmare gli spazi a vostra immagine. In qualche modo con questa contraddizione, esplicita o implicita che sia, denunciate un distacco imposto dalla società tra gli individui e gli spazi che attraversano. Vorreste rivedervi nel mondo che avete intorno ma non vi ci rivedete più?

McMay: Esattamente, vogliamo sentirci di nuovo appartenenti a questo mondo e che anche altri ne siano partecipi. Per questo scriviamo, facciamo foto, illustrazioni, anche per riuscire a coinvolgere altre persone e dire: "Cazzo, riprendiamoci la strada, i nostri spazi, facciamo aggregazione, uniamoci!".


Volete parlarci del vostro ultimo progetto, la mostra St.ART?

Tsupertramp: St.ART è un'estemporanea pirata itinerante che abbiamo deciso di fare in giro per Bologna. Nasce dall'esigenza post-pandemica di riprendere gli spazi e riportare l'arte, che è mancata per un anno e mezzo, nel pubblico. Abbiamo riscontrato questa voglia di esporre dell'arte e di fruire di essa anche tra le stesse persone che si sono trovate a partecipare. È partita inizialmente come una call ristretta ai nostri amici e ad oggi è diventata qualcosa di ancora più libero e senza barriere sia per gli artisti che per i fruitori, perché chiunque voglia esporre la propria opera può contattarci. Fare qualcosa senza barriere, senza biglietti, è il nostro scopo. Nel mondo di oggi è difficile auto sostentarsi, crediamo che anche la nostra piccolissima goccia nel mare magnum di merda può significare un cambiamento.

McMay: Poi, da settembre, vorremmo farlo anche in altre città d'Italia.


La mancata funzione degli spazi pubblici come luoghi in cui è possibile fruire dell'arte senza piegarsi alla logica del consumo, è una conseguenza della pandemia o è un problema strutturale? La pianificazione urbanistica volta al controllo e il recente fenomeno della "tavolinizzazione" appartengono alla stessa logica?

Tsupertramp: Il progetto dell'estemporanea è nato alla fine di aprile, quando abbiamo iniziato a vedere una luce dopo la pandemia e i problemi che ne sono derivati, è stata una reazione. Non credo che queste problematiche siano state causate dalla pandemia anzi penso che la pandemia abbia palesato problematiche preesistenti, come per esempio il fatto che gli spazi in città dedicati all'arte siano sempre meno, il fatto che nel nostro paese la considerazione degli artisti e dei fruitori sia minima. Sappiamo che gli spazi occupati vengono sgomberati, vengono invece tollerati gravi abusi edilizi e progetti che prevedono la deforestare di intere aree verdi come sta succedendo nel quartiere Savena a Bologna.

McMay: Solipsia e le nostre rivendicazioni erano già presenti prima della pandemia. Abbiamo sempre criticato pratiche come la mercificazione dell'arte e la chiusura delle piazze che prevedono la fruizione come consumo. Abbiamo sempre criticato il capitalismo e le dinamiche che ne derivano.

Tsupertramp: Il processo di imbellettamento della città anche nelle sue parti più underground animate dagli studenti e dalle loro proposte artistiche nasce dall'esigenza di attirare una parte di elettorato che detesta la comunità studentesca.


Il progetto St.ART è partito in concomitanza con la riapertura di cinema e musei, vi siete sentiti coinvolti in questo processo o vi muovete anche in questo caso in direzione ostinata e contraria? Non trovate che nel dibattito pubblico sul tema ci si focalizzi più sull'aspetto economico che su quello culturale?

Tsupertramp: Nel mese di maggio, quando abbiamo dato vita a St.ART, ho notato un grande fermento e molto interesse da parte di persone desiderose e felici di di frequentare, dopo tanto tempo, un'esposizione, di partecipare ad un evento e di sentirsi coinvolti in uno spazio pubblico. Questo ci ha spinti ad andare avanti e, da questo punto di vista, la pandemia è stata addirittura "positiva", avendo "riscaldato" gli animi e riportato la voglia di godere dell'arte.

McMay: Criticavamo la mercificazione dell'arte già prima del Covid, St.ART è comunque un'azione ostinata e contraria rispetto alla retorica imperante.

Tsupertramp: Io non avevo pensato al fatto che stessimo agendo in concomitanza con le varie riaperture di cinema e musei. Si parla però di riprendere spazi pubblici, quindi di per sé ciò si oppone alla prospettiva di consumo dell'arte che oggi vediamo nei musei.

McMay: Fare qualcosa da artisti e per artisti, questa è l'idea che vogliamo portare avanti.


Ritenete che la creazione di uno spazio espositivo non mercificato sia parte integrante del messaggio della mostra al pari delle opere esposte? Quanto è importante per voi il dialogo tra artista e fruitore?

Tsupertramp: Il dialogo è fondamentale, così come la permanenza delle persone che partecipano ad un evento non rimanga limitata all'evento stesso ma sia volta all'interazione e alla conoscenza reciproca. Dal momento che questa esperienza è diventata mercificata, il concetto di spontaneità è determinante perché collega i vari fili, permettendo l'interazione tra artista e artista, fruitore e fruitore, artista e fruitore. Esporre mette in condizione di dialogare con altre persone, cosa che spesso in un museo non succede, forse anche in virtù di pagare il biglietto.


Superando la mercificazione della cultura abbattete il muro che è innanzitutto linguistico-lessicale tra il fruitore e l'artista. Opera, artista e fruitore hanno bisogno l'uno degli altri per essere tali?

McMay: Il fruitore non viene più visto come consumatore dell'arte, ma come partecipe.


Vagliate le opere che vi vengono proposte o vi limitate a fornire uno spazio espositivo? Qualcuno si è mai approcciato a voi proponendo qualcosa che fosse reazionario?

Tsupertramp: No, non ci è mai successo. Sarebbe paradossale essere per la libertà individuale e poi proporre un'opera che tutto ha tranne che libertà.

McMay: Nel caso in cui dovesse succedere, non daremmo lo spazio. Non siamo tolleranti nei confronti degli intolleranti.


Credete che il progetto St.ART non sia un atto fine a se stesso ma che possa cambiare il modo in cui l'arte oggi viene fruita? Se sì, come e perché questa mostra dovrebbe aprire gli occhi delle persone?

McMay: Un ottimo modo per far riflettere le persone è mostrare che qualcosa di diverso si può fare. Da soli non si può cambiare nulla però se piccoli gruppi collaborano e portano esempi diversi e mondi alternativi, può esserci un cambiamento.


Alla fine di ogni esposizione portate via tutto, avete mai pensato di lasciare un segno negli spazi che attraversate?

Tsupertramp: Sì, ma sarebbe un concept un po' diverso. Nel momento in cui lasci qualcosa questa non ti appartiene più, non si tratterebbe più di una mostra itinerante ma magari in futuro potremmo pensare di lasciare un segno del nostro passaggio.


Qualche anticipazione sulle prossime date?

Tsupertramp: Molto probabilmente saremo al Parco della Montagnola, riguardo la data non abbiamo ancora informazioni precise. Villa Spada era molto bella scenograficamente, la Montagnola è più "rude" ma più centrale. Per noi questo è molto importante: entrare nella quotidianità delle persone che, ad esempio, passeggiando si imbattono nel nostra mostra. Anche per questo evitiamo di pubblicizzare troppo i nostri eventi.


Ida Pellegrino e Giovanni Verazzo


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