Siamo tuttə GKN!

17.09.2021
Sono più di due mesi che le operaie e gli operai della GKN sono dentro; sono più di due mesi che la GKN resiste e non molla.
Sono più di due mesi che le operaie e gli operai della GKN sono dentro; sono più di due mesi che la GKN resiste e non molla.
A Campi Bisenzio, nel distretto industriale della "Piana", che da Firenze, capannone dopo capannone, si estende fino a Prato, c'è una storia che ha bisogno d'essere raccontata, poiché dentro di essa, volenti o nolenti, ci siamo tuttə: quella della GKN.

La GKN Driveline Firenze S.p.A., erede dello storico stabilimento Fiat di Novoli, è un'azienda che conta 422 dipendenti (500 compreso l'indotto, ovvero i lavoratori in appalto) e che produce componentistica per il settore automobilistico, in particolare per il gruppo Stellantis (ex Fiat-Chrysler). Lo stabilimento, insieme ad un'altra cinquantina di suoi pari sparsi in giro per il mondo, fa parte della multinazionale inglese GKN plc, acquisita nel 2018 dal fondo finanziario britannico Melrose. L'azienda è in salute, il settore non è in difficoltà, si vocifera addirittura di nuove assunzioni. Cosa succede dunque? Succede che, il 9 luglio scorso, la dirigenza invia una mail ai 422 lavoratori dell'azienda campigiana: da domani la vostra fabbrica chiude; siete tuttə a casa, in cassa integrazione. Così, de botto. Senza senso? No, senza senso no, ci torneremo. La sorte vuole che la GKN sia un'officina ben organizzata e sindacalizzata: basta poco perché tuttə si radunino davanti ai cancelli, superino il servizio d'ordine esterno e indicano un'Assemblea permanente all'interno dello stabilimento che non lə vuole più. Sono più di due mesi che le operaie e gli operai sono dentro; sono più di due mesi che la GKN resiste.


La forte reattività contraddistingue il Collettivo di Fabbrica: il motto non è "La GKN non si tocca", bensì "Insorgiamo", e a tal proposito viene subito proclamato uno sciopero generale con annessa manifestazione per il 19 luglio a Firenze, che riceve una foltissima partecipazione. Il 24 luglio, invece, è la volta della manifestazione a Campi Bisenzio. Non è la città, ma la zona industriale, bisogna venirci apposta; è tempo di vacanze, son tutti al mare; ci saranno 40 gradi e non c'è mezzo albero sotto cui ripararsi (sempre sia lodata la protezione civile con l'acqua). Eppure, ci sono circa 5000 persone, venute da ogni dove. Eppure, in un chilometro di cavalcavia, non si vede la fine del corteo. Eppure, nessuno smette di gridare, di cantare, di battere le mani, di accendere fumogeni. Nessuno molla. Un intero territorio si mobilita per sostenere l'occupazione. La solidarietà - disinteressata o meno, sarà il tempo a dirlo - si fa diffusa, ampia, trasversale. La GKN fa casino, e forse è bene che sia così. Non perché siano simpatici o abbiano il fiocco rosso, ma perché ci sono 500 persone lasciate improvvisamente a casa e perché succede in una realtà sia storicamente che attualmente organizzata. Se sfondano qui, sfondano ovunque, dice Dario Salvetti, portavoce del Collettivo di Fabbrica.


In realtà, il fatto è che loro hanno già sfondato, e che per troppo tempo noi abbiamo chinato la testa. È giunto il momento di darci un taglio, di dare (metaforicamente) un taglio alla loro, di testa, perché non sia sempre la nostra a dover cadere. Siamo ancora in tempo. È una battaglia, purtroppo, e come in qualsiasi battaglia sono fondamentali i rapporti di forza. Ma chi sono loro? chi siamo noi?


Loro sono coloro che agiscono in nome d'una vecchia parola sempre presente ma uscita dal dibattito pubblico: il Capitale. Noi siamo quellə che operano in nome d'una sempreverde parola di cui, va detto, siamo i primi a scordarci: la Società, nel senso originario del termine, ovvero un insieme di sociī, di compagni, amici, alleati. Loro sono un sistema basato sul profitto dei privati, sono delle istituzioni che fanno gli interessi di chi detiene il potere, sono il liberismo sfrenato, la speculazione finanziaria, le delocalizzazioni, gli eterni contratti a chiamata, il menefreghismo verso l'ambiente, sono il precariato, l'egoismo, il mezzo - il denaro - che inverte l'assioma iniziale e si fa scopo dell'esistenza. Noi siamo una collettività che non c'è ancora abbastanza, siamo la possibilità di dedicare il proprio tempo a un'occupazione amata, sicura, non logorante e fuori dalle logiche del profitto, siamo la rappresentanza dal basso, la solidarietà, l'armonia col pianeta, siamo il tempo libero, l'equità, la dignità nell'esistere, il progresso condiviso, la libertà di essere se stessə, la possibilità per tuttə di essere felici - che già vivere è difficile di per sé. Ognuno lo declini come gli pare, ma noi siamo l'Ideale. O meglio, non lo siamo effettivamente, ma lo siamo mentre ci sforziamo di esserlo, mentre tendiamo ad esso con tutte le nostre energie, puntando al massimo, all'impossibile, al perfetto, pur sapendo che difficilmente potremo raggiungerlo. È dalle idee che si forma la realtà, anche e soprattutto da quelle che sembrano utopiche ed irrealizzabili. Non dimentichiamoci mai di sognare.


È tramite vicende di questo tipo che i nodi vengono più chiaramente al pettine. Ne sono consci anche i lavoratori GKN, quando percepiscono per loro un clamore che non è riservato all'azienda di dieci persone, o a chi lavora come liberə professionista (a volte manco per scelta, vedi "false partite IVA") sprofondando piano piano, oppure ancora a chi ha un contratto a termine e vive nell'angoscia costante della precarietà, arrendendosi - da solə cosa può fare d'altronde? - alle catene del sistema. Se non ci sta bene ritrovarsi senza un reddito dall'oggi al domani (o al dopodomani), è urgente fare fronte comune per sovvertire il potere contrattuale, per cambiare i rapporti di forza. Dall'inizio della pandemia, in Italia sono state licenziate un milione di persone. Magari con i numeri è più chiaro: 1.000.000 di persone; guardate quanti zeri. Da che sono stati sbloccati i licenziamenti, anche con il colpevole beneplacito di sindacati storici, fioccano le riorganizzazioni aziendali, ovvero decine e centinaia di persone per volta che si ritrovano senza un lavoro. Spesso senza nemmeno un preavviso, come per le 90 della Logista di Bologna. Ma l'elenco è lungo e comprende la Whirlpool di Napoli (340 licenziamenti), la FedEx di Piacenza (280 licenziamenti), la Giannetti Ruote di Milano (152 licenziamenti), la Timken di Brescia (106 licenziamenti), la Riello di Pescara (71 licenziamenti) e tante altre situazioni sfuggite alle cronache o alla memoria di chi scrive. Numeri che scritti così dicono poco, forse, ma che dietro nascondono persone e famiglie che improvvisamente si trovano nella mer*a. Il tutto nello spazio di qualche settimana. Senza dimenticare chi lavora in condizioni di sfruttamento, dai bistrattati operai della Texprint di Prato, da mesi in picchetto per chiedere orari umani, passando per tutti i lavori da 4 o 5€ netti l'ora, fino ad arrivare ai braccianti schiavizzati nel settore agricolo. Senza dimenticare le morti sul lavoro, 538 nella prima metà del 2021 secondo i dati Istat. Tutto questo avviene, senza nessuna vera reazione, nell'indifferenza generale.


Alla situazione attuale del mercato del lavoro ci siamo arrivatə poco per volta. Quanto poco? Se vogliamo, sette minuti per volta, citando un'opera del drammaturgo Stefano Massini. Un niente, alla fine, giusto 420 secondi. È stato questo "niente" a farci perdere (quasi) tutto. Tuttavia, è la coscienza del fatto che abbiamo perso quasi tutto - e che possiamo recuperarlo - che ci impone di lottare "fino a che ce ne sarà".


Gli operai e le operaie GKN ci insegnano quello che la lotta di decenni fa sapeva già, ovvero che le fabbriche le fanno i lavoratori, non i Melrose di turno; ci insegnano che le città le fanno gli abitanti che le vivono, non i turisti; ci insegnano che le società le fanno le persone, non il capitale. Se ci organizzassimo, se, per esempio, un intero distretto industriale smettesse di lavorare (per solidarietà, ma anche e soprattutto per se stesso), se tutti i comparti si profondessero in uno sciopero generale fatto bene, protratto e partecipato a livello nazionale, se dicessimo con forza "No, per 4€ all'ora me ne sto a casa, con RdC o senza, perché va bene lavorare ma non essere sfruttatə", se ci ricordassimo che il tempo è il valore ultimo dell'esistenza, poiché nessuno ce lo rende; se il capitale si sentisse in pericolo, insomma, allora potremmo avere ragione di loro.


Non è affatto facile, chiaramente. Siamo tuttə imbrigliatə in un sistema le cui logiche sono talmente asfissianti da non essere aggirabili, anche per chi si oppone ad esso e punta a sovvertirlo dall'interno. D'altronde, bisogna pur sempre mangiare. Tuttavia, nel frattempo, non possiamo starcene a guardare.


Ciò che possiamo fare, nel frattempo, è dare alla GKN la rilevanza nazionale che questa vertenza già intrinsecamente ha; far rimbalzare continuamente, costantemente ed incessantemente facce, frasi e motti (tra cui l'hashtag #insorgiamo); parlare parlare parlare, di questa e di altre situazioni simili, ovunque attualizzare, con chiunque personalizzare. Oggi è toccato a loro, ieri ad altri, domani potrebbe toccare a noi. Facciamoci un favore dunque, uniamoci alla lotta. Nel frattempo, ciò che possiamo fare è rimanere aggiornatə sulle attività e sugli appuntamenti GKN e dare il nostro supporto con la presenza fisica (al presidio, alle manifestazioni ecc.). Nel frattempo, ciò che possiamo fare è insorgere, poiché siamo davvero tuttə GKN, e non abbiamo altra scelta. L'attacco è la miglior difesa.


Ci sarebbe tanto da dire ancora. La recente proposta di decreto legge sulle delocalizzazioni merita una menzione, purtroppo in negativo: pare sarà volta più a regolamentare le stesse, piuttosto che a disincentivarle o a impedirle. Le multinazionali, pertanto, potranno continuare a venire qua, ricevere fior fior di contributi pubblici (non dimentichiamolo) e poi chiudere come loro pare e piace. Il Collettivo di Fabbrica si è espresso con un comunicato via facebook in merito ad una legge che fin dall'inizio volevano fosse scritta con le loro teste, e non su di esse. In esso e negli 8 principî alla base del loro documento di indirizzo per una legge anti-delocalizzazioni, redatto con specialistə del settore giuridico, si parla anche dei trascurati artt. 41, 42 e 43 Cost., nei quali si afferma che lo Stato, «in adempimento al suo obbligo di garantire l'uguaglianza sostanziale dei lavoratori e delle lavoratrici e proteggerne la dignità, ha il mandato costituzionale di intervenire per arginare tentativi di abuso della libertà economica privata (art. 41)». Inoltre, in virtù dei motivi di utilità generale (art. 43), vi sarebbe la possibilità da parte dello Stato di rilevare lo stabilimento, o comunque di salvaguardare con l'intervento pubblico i livelli occupazionali. Ma le istituzioni, purtroppo, pare non vogliano saperne di ascoltare campane differenti da quella di una Confindustria che, mentre "chiagne e fotte", detta sempre più legge.


Altri appuntamenti ci sono stati e ci saranno: concerti di solidarietà, varî incontri sia a Campi Bisenzio che "in trasferta" e ovviamente manifestazioni. La prossima è prevista a Firenze per il pomeriggio di sabato 18 settembre (maggiori dettagli sulle pagine "Insorgiamo con i lavoratori GKN" e "Collettivo di Fabbrica GKN"). Teniamoci liberə, dunque, teniamoci prontə.


La scorsa manifestazione GKN si è tenuta a Firenze l'11 agosto: data non casuale, poiché segna la liberazione della città dall'occupazione nazifascista. Chi in quel periodo ha perso la vita combattendo contro i nazifascisti lo ha fatto per costruire un mondo migliore, di certo non per questo, di mondo. Pertanto, lottiamo anche per loro, ma, soprattutto, lottiamo per noi. Crediamoci. Non abbiamo niente da perdere, ma un futuro e un presente da guadagnare. Basta insorgere. Ora.


Tommaso Sabatini

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